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Elogio dell’assonometria

di Emanuela Pulvirenti
3 Dic, 2022
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Questo può sembrare un articolo per intenditori ma sono sicura che possa riservare piacevoli sorprese anche a chi non si interessi di disegno tecnico. D’altra parte l’assonometria non è solo una modalità di rappresentazione per progetti architettonici ma anche una forma di linguaggio visivo.

Quando pensiamo ad una tecnica per rappresentare la terza dimensione nell’arte ci viene subito in mente la prospettiva… in realtà esistono tanti altri modi per farlo e ve ne ho già parlato.

Raramente viene però in mente l’assonometria. Eppure permette di mostrare un oggetto nelle sue tre dimensioni, dunque di darne un’idea del volume, sebbene la forma che assume l’oggetto sia innaturale non rispondendo alle costanti percettive della nostra visione (ci stanno facendo abituare, comunque, i video-game nei quali è spesso utilizzata).

Ciò che è lontano, ad esempio, ha le stesse dimensioni di ciò che è vicino; due rette parallele non convergono verso un punto all’orizzonte ma restano parallele anche nella loro raffigurazione bidimensionale.

È una rappresentazione, dunque, più vera che verosimile. Rispetta i rapporti dimensionali tra gli oggetti e il parallelismo tra le rette. Dunque, sebbene appaia più “artificiosa” è, concettualmente, più corretta della prospettiva.

La precisione volumetrica dell’assonometria è sfruttata soprattutto nella rappresentazione di architetture del passato delle quali si voglia mostrare sia il volume esterno che la spazialità interna (il cosiddetto spaccato assonometrico).

È uno strumento insostituibile anche per rappresentare oggetti “smontati”, sia architetture che arredi o pezzi meccanici. In questo caso si parla di esploso assonometrico.

Dal punto di vista teorico si tratta di un metodo di rappresentazione molto giovane. Fu codificato in maniera scientifica nell’Ottocento (per via della necessità di disegnare i macchinari richiesti dalla Rivoluzione Industriale) sebbene, a livello intuitivo, esistesse già ai tempi dell’arte greca.

I primi esempi di assonometria si possono riscontrare nella pittura vascolare e in particolare nel disegno di strutture architettoniche le cui linee di profondità risultano tra loro parallele (per questo l’assonometria è chiamata anche prospettiva parallela).

Nella pittura romana è possibile trovare il disegno in assonometria sia nelle decorazioni a meandro tridimensionale

… che negli affreschi figurativi. Quelli pompeiani qui sotto, ad esempio, mostrano arredi (sgabello o bancone del fornaio) disegnati in assonometria.

L’abilità dei pittori pompeiani, però, era tale che si erano già resi conto che la nostra visione è più simile alla prospettiva che all’assonometria.

Così, in alcuni dipinti del cosiddetto secondo stile, si possono osservare delle architetture prospettiche con tanto di rette convergenti e punto di fuga sulla linea d’orizzonte.

Con l’avvento del Medioevo continuano a sopravvivere schemi spaziali derivati dall’arte classica.

È possibile, dunque, rintracciare l’uso di un’assonometria piuttosto intuitiva (e a volte con evidenti situazioni spazialmente impossibili) persino nell’arte bizantina, caratterizzata, in genere, da forte bidimensionalità.

Quando, con il Rinascimento, nel Quattrocento, la prospettiva centrale prevalse su tutti gli altri sistemi di resa della trimensionalità, l’assonometria non scomparve anche se venne relegata ad un ambito più tecnico: le illustrazioni dei trattati di geometria solida, il disegno di mappe urbane e i progetti di architetture militari.

E proprio il campo militare ha dato il nome ad una delle varie modalità di rappresentazione, l’assonometria militare, appunto.

Gli architetti militari dovevano essere in grado di disegnare rapidamente il volume di edifici ed altre opere architettoniche partendo dalla pianta. Dunque, in un’assonometria militare basta tirare su le altezze e il disegno diventa già tridimensionale!

Senza voler scendere troppo nelle varie definizioni ecco un quadro riassuntivo dei vari tipi di assonometrie.

Tra tutte queste è molto interessante anche la prima, l’assonometria isometrica. Si può realizzare con molta facilità partendo dalla cosiddetta griglia isometrica, una tassellatura del piano composta da triangoli equilateri.

Esistono anche delle applicazioni online per disegnare direttamente in 3D su una griglia isometrica e visualizzare i volumi in un’altra finestra ruotando gli assi in modo da ottenere altri tipi di assonometria.

La semplicità costruttiva dell’assonometria isometrica ne ha fatto un ottimo schema per gli antichi pavimenti romani in opus scutulatum caratterizzati da motivi a cubi con effetto tridimensionale

… e per la composizione dei patchwork tessili (detti anche quilt).

Il disegno in assonometria, proprio per le sue caratteristiche geometriche, può dar luogo a delle ambiguità visive efficacemente utilizzate per creare oggetti o spazi impossibili: dal triangolo di Penrose alla scala sempre in salita, fino al cubo di Necker con cui gioca un personaggio di Escher.

Ma torniamo alla storia dell’arte. Nelle culture orientali l’assonometria non è mai stata soppiantata dalla prospettiva, probabilmente per quel senso di maggiore astrazione e di pulizia che questa tecnica conferisce alle opere pittoriche.

In Europa, invece, dobbiamo aspettare fino al Novecento perché l’assonometria, dopo essere stata delineata teoricamente da William Farish nel 1820, torni alla ribalta nel campo dell’arte.

Con il Neoplasticismo, il Razionalismo e il Costruttivismo russo l’assonometria fu utilizzata per rappresentare in modo quasi astratto strutture architettoniche decisamente innovative.

Nella maggior parte dei casi si tratta di assonometrie monometriche nelle quali la pianta mantiene la sua ortogonalità senza deformazioni.

Lo stesso tipo di rappresentazione è utilizzata da Le Corbusier persino nelle sue nature morte puriste (come questa del 1920).

E dopo quasi cento anni c’è ancora chi si cimenta con questo tipo di rappresentazione: le originali nature morte di Kenne Gregoire utilizzano lo stesso tipo di assonometria per dare il volume a bicchieri e brocche.

Molto suggestive sono anche le stanze ipogee di Mathew Borrett. Le sue assonometrie monocromatiche scavate nella superficie bianca del foglio non hanno nulla di tecnicistico ma rimandano ad uno mondo misterioso da disseppellire.

Possiamo trovare l’assonometria anche nella street art. È il caso di Aakash Nihalani con i suoi interventi grafici minimalisti e illusionistici.

Anche l’assonometria, dunque, pur appartenendo ad un ambito tecnico del mondo della comunicazione visiva, riesce a risultare evocativa e persino divertente.

Come sempre, tutto dipende da come guardiamo le cose!