Skip to main content

Preraffaelliti Rinascimento Moderno

di Renate Mussini
29 Feb, 2024
1261

Oltre 300 opere di artisti italiani e internazionali raccontano la profonda influenza dell’arte italiana, dal Medioevo al Rinascimento, sul movimento artistico che ha rivoluzionato l’Inghilterra vittoriana e influenzato in maniera determinante la stagione europea del simbolismo.

La Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì propone per il 2024 un nuovo appuntamento espositivo dedicato a un affascinante movimento artistico, quello dei Preraffaelliti.

Il nome esprime il rifiuto del “raffaellismo” e dei “raffaelliti”, la critica di ogni forma accademica, la contestazione del rigorismo formale della Royal Academy, così legata al classicismo dopo Raffaello. A metà dell’Ottocento, nel fatidico 1848, nell’Inghilterra vittoriana, nel pieno della Rivoluzione industriale, alcuni giovanissimi artisti, Dante Gabriel Rossetti, John Everett Millais, William Holman Hunt, radunati in una Confraternita, ardirono di cambiare il corso dell’arte. Se la spinta programmatica fu breve, nel 1853 era già terminata, lo sviluppo dei modelli fu pervasivo, il successo duraturo.

I Preraffaelliti cercavano la fedeltà alla natura, la visione pura della realtà delle cose; i loro colori erano vividi e schietti, quando il carbone delle ciminiere anneriva il cielo e le case. Cercavano nelle fonti letterarie l’ispirazione all’assoluto e la passione d’amore, mentre l’economicismo della Rivoluzione industriale mostrava una modernità contraddittoria e socialmente diseguale. Eppure non furono dei passatisti. La loro non fu né una rivoluzione conservatrice, né una rivolta reazionaria. Aprirono al Simbolismo e all’Art Nouveau. Furono la prima avanguardia, il primo movimento che avrebbe aperto la strada a esperienze poi così diverse e persino contrapposte del Novecento europeo.

Bianca - William Holman, 1868, olio su tela, Worthing Museum and Art Gallery.

Nel loro momento sorgivo sognarono di ripercorrere l’arte dei Primitivi, gli antichi maestri del Tre-Quattrocento italiano. Toscano soprattutto. Come in uno specchio, guardarono a Cimabue, a Giotto e ai giotteschi, a Beato Angelico e Benozzo Gozzoli, particolarmente al suo ciclo di affreschi nel Camposanto di Pisa, salvati alla memoria collettiva dalle incisioni di Lasinio all’inizio dell’Ottocento. Poi Cosimo Rosselli, Verrocchio e i due Lippi, Ghirlandaio, Piero della Francesca, Signorelli, Botticelli. Sopra tutti Botticelli, rivelato nuovamente agli occhi dell’Europa.

In Botticelli, dirà Adolfo Venturi nel 1921, sintetizzando quella che era stata la forma dei sentimenti e la crisi spirituale di un secolo, “una febbre di godimento e di vita, che cela un pensiero amaro, si riflette nelle forme agili, nervose, nei subiti languori del più sottile creatore d’immagini che la pittura fiorentina e italiana abbia avuto, del più raffinato poeta del Quattrocento toscano. Il mondo incantato dell’arte di Sandro, con lo splendore dei suoi apparati di velluto, d’oro e di fiori, col singolare nostalgico fascino dei suoi tipi umani e dei suoi ritmi di linee, chiude in sé i sogni di Firenze sul tramonto del Quattrocento, nella vigilia splendida di giorni di passione, del secolo di Michelangelo”. In quel linguaggio si erano riconosciuti tutti.

Vanità - Frank Cadogan Cowper - 1907, olio su tavola. Londra, The Royal Academy of Art.

In un secondo tempo, il loro sguardo andò ampliandosi fino a comprendere in una rilettura formale rigorosa l’intero Cinquecento. Furono soprattutto gli artisti della seconda generazione a farlo. Rossetti, Morris, Burne-Jones, Leighton, Watts e un’intera schiera di pittori e scultori ripresero a far sintesi di gran parte dell’arte italiana: da Michelangelo ai leonardeschi, a Giorgione, a Veronese, a Tiziano.

Il mito dell’Italia e il primato di Firenze vissero a lungo fino a coinvolgere una terza generazione di artisti, in un arco temporale che dalla fine dell’Ottocento abbracciò i primi anni del Novecento. Alcuni protagonisti di quella fase si trasferirono a Firenze, dando vita ai “Circoli fiorentini”.

La loro fu anche una pittura al femminile. Donne dalla sensualità enigmatica, dalle passioni tristi, dalla bellezza sfuggente abitano il pensiero visivo e ossessivo di Rossetti, le immagini cristallizzate di Leighton, le storie incantate di Burne-Jones. Ma folta è altresì la schiera delle protagoniste femminili dell’arte, che contribuirono a dar vita all’estetica preraffaellita: da Elizabeth Siddal a Evelyn De Morgan.

Il mondo preraffaellita si nutrì di matrici letterarie contemporanee: da Wordsworth, a Keats, a Shelley, a Tennyson ad Allan Poe; e di modelli assoluti: da Dante a Boccaccio, a Shakespeare. Spesso ambientate in un Medioevo fantastico e leggendario, le loro opere echeggiano un mondo romantico e mitico; un mondo che rilegge la tradizione storica e dialoga con un passato riscoperto o ricreato, tale da legittimare il presente e le sue aspirazioni, i sogni e le proteste, le inquietudini e le nostalgie.

Evelyn De Morgan - 1886, olio su tela. Bournemouth, Russell-Cotes Art Gallery & Museum.

Quel che Henry James ha detto di Burne-Jones, in fondo si può dire per tutti: la loro fu “un’arte della cultura, del piacere intellettuale, della raffinatezza estetica, tipica di chi guarda al mondo e alla vita non direttamente, ma nel riflesso o nel ritratto adorno che nasce da letteratura, poesia, storia, erudizione”.

La mostra forlivese del 2024 è un evento unico. Con oltre 300 opere è l’esposizione dedicata ai Preraffaelliti più grande mai realizzata. Essa intende ricostruire, attraverso prestiti eccezionali dai principali musei del mondo, l’intera vicenda delle tre generazioni di artisti che andarono direttamente sotto il nome, o si richiamarono allo spirito, dei Preraffaelliti. Un percorso unico, che va dalle loro radici ottocentesche dei Nazareni e di Ruskin alla loro eredità novecentesca.

La Vedova romana - Dante Gabriel Rossetti - 1874, olio su tela. Museo de Arte de Ponce / The Luis A. Ferré foundation, Inc.

Centrale, nell’esposizione ai Musei San Domenico, è il confronto diretto tra i maestri italiani dal Trecento al Cinquecento e questi moderni artisti. Il confronto col Rinascimento storico determinò questo nuovo Rinascimento. L’esposizione forlivese si conclude mostrando come i pittori e gli artisti italiani dell’ultimo Ottocento, da De Carolis a Sartorio, abbiano ritrovato le memorie della propria storia, rinnovando la loro identità anche attraverso il confronto con la lunga vicenda dei Preraffaelliti.

Ideata e realizzata dalla Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì in collaborazione con il Comune di Forlì, la mostra è a cura di Liz Prettejohn, Peter Trippi, Cristina Acidini e Francesco Parisi; di Gianfranco Brunelli la direzione generale. Il progetto espositivo, a cura dello Studio Lucchi & Biserni, porta in Italia capolavori provenienti dalle più importanti istituzioni nazionali e internazionali. Il pregevole catalogo che accompagna la mostra è edito da Dario Cimorelli Editore.


  • Dove: Museo Civico San Domenico - Forlì
  • Quando: dal 24 Feb. al 30 Giu. 2024
  • Orario: da Lun. a Ven. 9.30-19.00; Sab. Dom. e Festivi 9.30-20.00
  • Prezzo: intero € 14,00; ridotto € 12,00